‘Ascolta i dati, segui i dati’, è il mantra del mondo digitalizzato, sembra quasi un sussurro del vento che soffia in un’unica direzione, quella che vorrebbe traghettare tutte le aziende verso l’orizzonte data-driven. Questo numero di Where IT’s headed inizia con una provocazione, che è quella del titolo stesso: il tuo futuro è determinato dalla conoscenza che hai di te stesso e, nello specifico, della conoscenza che hai della tua azienda. In realtà questo è solo un incipit, un pretesto, che ci aiuterà ad orientarci nel denso e complesso mondo dei dati.
Abbiamo fatto qualche domanda a Christian Tufariello, Business Line Manager di Cegeka Italia, per capire esattamente cosa significhi diventare un’azienda data-driven e per fugare dubbi e sfatare miti sullo sfruttamento dei dati aziendali.
Cosa vuol dire diventare un’azienda data-driven?
“Nella realtà tutto è dato, gli esseri umani sono naturalmente ‘data-driven’: raccogliamo e forniamo informazioni, ci capita spesso di fornire dati relativi a noi stessi, anche molto precisi e aggiornati, come ad esempio nome, età, altezza, peso, studi fatti, esperienze lavorative ecc.
Anche in un contesto aziendale ogni attività si muove, consapevolmente o meno, a partire dai dati: volumi di vendita, fatture, clienti, numero di dipendenti, stipendi, stock a magazzino, etc. Spesso, però, le persone si muovono in ambito aziendale come nella vita di tutti i giorni, basandosi quindi sull’esperienza e le intuizioni.
Si può dire che una cultura data-driven è l’esplosione della coscienza di ciò che tutti facciamo naturalmente, disciplinandola e dandole forma rigorosa. È un approccio naturale ma strutturato. Data-driven significa quindi prendere decisioni strategiche basate sull'analisi e l'interpretazione dei dati, piuttosto che sull'intuizione, sull'esperienza o sull'ambiente esterno. Non è solo un tema di dati, ma di obiettivi, strategie e processi, definiti sulla base del dato. Non tutte le attività hanno bisogno di un rigoroso approccio data-driven nell'immediato, ma è evidente che è un ottimo metodo per ottenere certi risultati”.
Analizzare i dati è sufficiente per prendere decisioni informate?
“In un approccio data-driven non basta misurare gli andamenti dei fenomeni (business, vendite, approvvigionamenti) ma occorre prevedere e simulare scenari, diversificando le nostre azioni, ottimizzando gli investimenti e i processi, muovendosi con strumenti che forniscano una robusta base numerica all'operare, così da capire dove e come intervenire per migliorare nella costruzione del business e della operatività aziendale.
Come risultato della trasformazione digitale, le aziende raccolgono vari dati anche da social network e siti web.L'uso dei dati fornisce informazioni sul comportamento dei clienti, sulla concorrenza e sulle tendenze del mercato. L'accesso a questi dati aiuta le aziende ad anticipare le reazioni dei consumatori al fine di migliorare la fedeltà e l'esperienza dei clienti. Per prevedere le tendenze, possiamo vedere che l'intelligenza artificialesta gradualmente entrando a far parte della vita quotidiana delle aziende. Questa è un'opportunità per le aziende data-driven di trarre vantaggio dall'ascesa dell'IA e integrarla nella loro governance dei dati.
Diventare un'azienda basata sui dati è spesso un processo lungo. L'azienda deve disporre di dati sufficienti.Non basta raccogliere i dati, occorre anche essere certi della loro validità ed elaborarli utilizzando strumenti di raccolta performanti, affinché diventino dati utili e fruibili. L'approccio basato sui dati comporta grandi cambiamenti. È quindi necessario coinvolgere tutti i dipendenti al centro della riorganizzazione aziendale e renderli consapevoli dell'importanza dell’approccio data-driven. Dal lato gestionale, è importante avere decisori che sappiano analizzare e interpretare i dati a disposizione”.
Quindi, quand’è che un’azienda diventa data-driven?
“Quando è presente una cultura dell'utilizzo del dato che consenta di:
- conoscere ciò che è successo
- muovere operatività
- sviluppare le strategie di mantenimento e crescita di un’azienda
- usare strumenti per ipotizzare il futuro
All’interno del tempio di Delphi c’è un’iscrizione che recita ‘Conosci te stesso’, cioè se sai chi sei, sei in grado di muoverti verso il futuro senza bisogno delle previsioni di un oracolo: diventare un’azienda data-driven significa esattamente questo, cioè essere nelle condizioni di conoscere a fondo la nostra azienda, e sulla base di questa conoscenza saper prendere le nostre decisioni”.
Quali sono i vantaggi principali di un’azienda data-driven rispetto a chi non adotta questo approccio?
“La più grande sfida per le aziende sta nella capacità di adattarsi alle richieste di mercato in modo agile, scalabile e veloce.
Per rispondere al bisogno pressante di agilità e velocità richiesto dal mercato è importante avere strutture aperte, flessibili e scalabili, ma vediamo meglio cosa intendiamo con questi termini:
- Con strutture aperte intendiamo che non ci si lega a uno strumento particolare ma si costruisce un ambiente in cui si integrano più strumenti a seconda del bisogno-competenze.
- Con scalabile intendiamo che le risorse (nel caso specifico lo spazio dati) è estendibile al bisogno
- Con flessibile intendiamo che le risorse di calcolo si possono aggiungere, togliere, potenziare al bisogno, a seconda della quantità di dati, delle necessità ed delle esigenze.
Se la prima caratteristica è relativa agli strumenti, la seconda e terza sono legate al tipo di architettura che dovrà essere incentrata in un’ottica cloud, le risorse non sono più proprietarie ma pagate al bisogno e attraverso la rete.
Trasformare le architetture in tal senso è una diretta e naturale conseguenza di muoversi sulla base del dato. Strutture rigide non consentono di implementare una visione data-driven.
Aziendalmente per affrontare un tema di trasformazione delle architetture IT occorre ragionare per gradi. Non si deve partire con il disegno e l’obiettivo di costruire una cattedrale informatica che comprenda tutti i dati aziendali, ma ci si muove per obiettivi e passi.
In Cegeka proponiamo un percorso di partnership tecnologica in cui cliente e fornitore si incontrano, camminano insieme lavorando in close cooperation effettuando prima delle Proof of value, per poi approdare in un contesto di produzione, che diviene un orizzonte aperto in cui navigare e scoprire.
Il lavoro di progettazione non è mai scolpito sulla pietra, ma si prepara a seconda del contesto, esperienza, qualità del materiale e obiettivo, ipotizzando di cambiare il piano iniziale quando necessario”.
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